Terni - Conservatorio Giulio Briccialdi Terni
Nel 1920, il Briccialdi lascia il vecchio e sempre più precario teatro e si trasferisce in una sede angusta presso le scuole elementari di S. Caterina, poi ristrutturata e infine ingrandita fino a sei aule (per 80-90 allievi), più la direzione, la sala del museo e della biblioteca e l'abitazione del custode. Intanto, nel 1922 (l'anno della morte, a Terni, di Stanislao Falchi - che era stato compositore e direttore del Conservatorio di S. Cecilia a Roma) anche "l'Illustre Maestro Comm. G. Cerquetelli" aveva lasciato definitivamente la scuola, dopo cinquant'anni di docenza, pur rimanendo attivo fin quasi alla fine dei suoi 83 anni.
Alla guida dell'Istituto (che dovette prendere questo titolo dopo la Riforma Gentile, dal 1923/24) gli succedette ad interim il maestro della classe dei fiati, nonché direttore della Banda, fi Lanzi; e quindi, dal 1926, il prof. Idino Donini. A lui - che era insegnante di Storia della musica e che fu direttore per trenta armi l'onere di condurre la navicella del Briccialdi negli anni dell'ascesa del Regime e poi oltre quelli della sua crisi. I saggi venivano ospitati allora nel Salone dei Sindacati (fascisti) dell'industria e poi al Teatro Littorio, che era del Dopolavoro Aziendale. Ed anche durante la tempesta della guerra si mantenne una certa continuità, almeno fino al bombardamento dell'Il agosto 1943, che distrusse le scuole di S. Caterina. Cominciarono davvero gli anni più neri: le due classi di Violino, la classe di Pianoforte e di Canto, quella di Violoncello e Contrabasso e quella di Strumenti a fiato (e la sezione di Teoria e Solfeggio) si trovarono letteralmente in strada, poi in certo modo ospitate a Palazzo Carrara (sede della Pinacoteca) e per qualche tempo disperse nelle abitazioni private degli insegnanti, fino all'approdo (anch'esso tuttavia per diversi armi precario) di Palazzo Manassei, nel 1955, giusto quaranta anni fa, dove l'indomito Donini riuscì a portare i suoi sei maestri e gli ottantotto allievi. A missione compiuta, il professore si ritirò in quiescenza, lasciando la scuola nelle buone mani del pianista e compositore Alessandro Casagrande, giovane temano allora trentaquattrenne (nato nel 1922), che si era diplomato a Roma e aveva seguito i corsi di perfezionamento per direttore d'orchestra alla Chigiana di Siena, iniziando presto l'attività professionale e quella di animatore della vita musicale cittadina, anche come direttore artistico dell'Ente sinfonico "Stanislao Falchi". Ma quando il m° Casagrande assunse la direzione del Briccialdi, nel '56, si trattava di ricostruire la stessa ragione d'essere dell'Istituto, poiché la trasformazione delle acciaierie ternane (e il trasferimento, dal '51, degli uffici direttivi della Società) aveva di fatto progressivamente svuotato le sezioni orchestrali degli archi, finché lo stesso ente orchestrale si trasformò in società dei concerti, proprio in quel '56; mentre la Banda comunale era stata spazzata via dalla guerra e non si era costituito ancora (si costituirà in quell'anno) un sodalizio autonomo.
Nel tessuto sociale che si andava ricostruendo, e che sembrava rapidamente voler cambiare i propri costumi e i propri comportamenti culturali (il 1956 è anche l'anno dei primi programmi televisivi in Italia), qual era il ruolo di una scuola comunale di musica? Non sappiamo se Casagrande si ponesse il problema in questi termini, ma certo provò ad avviare - nei pochi anni che gli erano destinati - un programma di modernizzazione dell'Istituto e delle sue strutture: per esempio, il Briccialdi si dotò di un apparecchio di registrazione e si formò una piccola nastroteca, accanto alla discoteca dei (preziosi) "78 giri" e dei primi "LP"; e già nel 1957 si cominciò a parlare di statizzazione dell'Istituto, o almeno del suo pareggiamento.