Milano - Archivio di Stato
Al numero 10 di via Senato, tra gli imponenti palazzi che scorrono fitti ai lati della strada trafficata, sorge una curiosa facciata concava, elegante e accogliente nelle sue forme sinuose, capace di ingannare l’occhio celando al suo interno il rigore degli ordini classici che scandiscono i cortili. Rigoroso e severo: così lo vollero in origine, a cavallo tra XVI e XVII secolo, gli arcivescovi Carlo e Federico Borromeo per ospitare il Collegio Elvetico.
Questo palazzo, oggi conosciuto come Palazzo del Senato perché ospitò il Senato del Regno d’Italia in età napoleonica, è, da più di un secolo e mezzo, la prestigiosa sede dell’Archivio di Stato di Milano. Come un prezioso scrigno, l’Archivio di Stato custodisce all’ombra dei colonnati un immenso tesoro documentario sulla storia della città e dello Stato di Milano, lungo un periodo che copre quattordici secoli, dal 721 d.C. fino ai giorni nostri. Formatosi nel corso dei secoli, questo ricco patrimonio raccoglie le testimonianze dell’attività delle amministrazioni cittadine che si sono succedute prima e dopo l’Unità d’Italia, degli ordini religiosi soppressi, dei tribunali e di tutti i notai che hanno registrato, atto dopo atto, i momenti salienti della vita dei protagonisti della storia di Milano, e dei suoi abitanti. Tra le testimonianze più preziose conservate si citano, solo a titolo esemplificativo: - il documento pergamenaceo più antico conservato in un archivio di Stato italiano, datato 12 maggio 721 d.C.: la Cartola de Accepto Mundio, un contratto tipico del diritto longobardo, in cui una donna di nome Ansdruda riceve dai fratelli Sigirad e Arochis tre soldi d’oro quale mundio (una sorta di tutela giuridica) per aver sposato un loro servo; - l’unica firma autografa destrorsa di Leonardo da Vinci, datata 1483 e posta in calce al contratto di commissione per la Vergine delle Rocce; - il diploma imperiale di investitura del 1530, riccamente miniato e con sigillo pendente aureo, col quale Francesco II Sforza è nominato Duca di Milano dall’Imperatore Carlo V